Il lavoro agile per i lavoratori fragili oltre l’emergenza pandemica

di Donatella Saccia

L’emergenza epidemiologica ha funto da detonatore dell’esplosione del lavoro agile nel nostro Paese, configurandolo altresì in maniera diversa rispetto al suo originario dettato normativo (legge n. 81/2017). In effetti, nel contesto della pandemia da Covid-19, si è assistito ad un mutamento della ratio di impiego dell’istituto che, da strumento di welfare organizzativo, è divenuto strumento per la tutela della salute pubblica, della sicurezza sul lavoro e per la conservazione del posto di lavoro. La modalità di lavoro agile, infatti, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, è stato impiegato come misura di sicurezza e di sostegno della continuità di una larga porzione di attività lavorative.

Si è trattato di una disciplina derogatoria, seppur temporanea, che ha consentito il ricorso al lavoro agile in forma semplificata, attraverso la sospensione dell’obbligo dell’accordo individuale e l’assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa. Il regime semplificato, per il settore privato, è stato oggetto di molteplici proroghe, da ultimo fino al 31 dicembre 2022.

Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2023 tale modalità di svolgimento dell’attività lavorativa non può più essere impiegata in assenza del preventivo accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro. Il Legislatore ha tuttavia reso strutturale la semplificazione degli obblighi di comunicazione attinenti i lavoratori agili, stabilendo che il datore di lavoro comunichi in via telematica al Ministero del Lavoro i nominativi dei lavoratori, e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con il decreto ministeriale n. 149/2022.

Nel biennio pandemico si è andata altresì affinando la declinazione del lavoro agile quale strumento di tutela dei lavoratori che, a causa delle loro condizioni fisiche o psichiche, si trovino in una situazione di maggiore fragilità, che potrebbe ulteriormente aggravarsi a seguito di infezione da Covid-19.

Tale ratio pare sottesa al “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” del dicembre 2021 e al “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, di giugno 2022 che, pur nel mutato contesto di affievolimento dell’emergenza, hanno ribadito l’utilità dello strumento per contrastare la diffusione del contagio, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili.

In tale direzione si è continuato a muovere il Legislatore, con il d.lgs. n. 105/2002, prevedendo che i datori di lavoro pubblici e privati, che stipulino accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, siano tenuti a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in tale modalità formulate: dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità, e dai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata.

In linea di continuità, con la legge di conversione del c.d. decreto Milleproroghe (legge n. 14 del 24 febbraio 2023), sono state inserite importanti novità in tema di lavoro agile.

Precisamente, è stato prorogato al 30 giugno 2023 il diritto per i c.d. soggetti fragili allo svolgimento in modalità agile della prestazione lavorativa.

Pertanto, fino a tale data, per i lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che privato, affetti da specifiche patologie e condizioni, il datore di lavoro deve assicurare lo svolgimento  della prestazione lavorativa in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, senza alcuna riduzione della retribuzione in godimento. Resta   ferma l’applicazione delle disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.

Il concetto di fragilità a cui rinvia il Legislatore non è inteso in modo atecnico, e dunque comprensivo di tutte quelle condizioni di salute in presenza delle quali la persona ha la necessità di ottenere una maggior tutela in riferimento al rischio di contagio da Covid-19. La previsione rinvia difatti ad un decreto il compito di individuare le specifiche patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità in presenza delle quali un lavoratore può essere definito soggetto fragile. Il riferimento è precisamente al decreto interministeriale del 4 febbraio 2022 che ha individuato  due gruppi di lavoratori fragili: in primis, indipendentemente dallo stato vaccinale, i pazienti con marcata compromissione della risposta immunitaria (ad esempio a causa di trapianto o attesa di trapianto, a causa di patologia oncologica o onco-ematologica ecc.) ed i pazienti che presentino 3 o più delle seguenti condizioni patologiche: cardiopatia ischemica; fibrillazione atriale; scompenso cardiaco; ictus; diabete mellito; bronco-pneumopatia ostruttiva cronica; epatite cronica; obesità. In secondo luogo, coloro che sono contemporaneamente esenti dall’obbligo di vaccinazione per motivi sanitari e che si trovano in almeno una delle seguenti condizioni: età superiore a 60 anni o estrema fragilità ai fini della dose booster del vaccino antivirus.

Chiaramente l’esistenza delle menzionate patologie e condizioni deve essere certificata dal medico di medicina generale del lavoratore.

La legge n. 14/2023 ha altresì prorogato al 31 giugno 2023, per i genitori lavoratori dipendenti solo del settore privato con almeno un figlio minore di anni 14, il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore o beneficiario di strumenti di sostegno al reddito e che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto fino al 30 giugno 2023, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori del settore privato maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.

Nelle ipotesi sopra previste la prestazione lavorativa può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro. Alla luce di questa breve rappresentazione qualche spiraglio prospettico è ravvisabile in termini tanto di occupazione quanto di tutela prevenzionistica delle persone con disabilità, patologie croniche o invalidanti: il lavoro agile può favorire la loro integrazione/reintegrazione nel mondo del lavoro e può garantire loro un ambiente di lavoro sano e sicuro, quale concreta attuazione del principio di precauzione per i soggetti fragili.