di Luca Torroni
Nel corso dell’intero 2022, gli infortuni sul lavoro denunciati ad Inail sono stati 697.773, vale a dire 142.537 in più rispetto all’anno precedente (+25,67%). Di questi, 607.806 sono avvenuti in occasione di lavoro, e i restanti 89.967 in itinere. La gestione Industria e servizi ha fatto registrare il più alto numero di infortuni denunciati (578.340), mentre tra le gestioni tariffarie, è quella del terziario ad aver registrato numeri più consistenti (169.809 infortuni).
Passando all’analisi per settori di attività economica, le attività manifatturiere sono state teatro di 75.295 infortuni, con un picco registrato nella Fabbricazione di prodotti in metallo (oltre 17mila). Il settore della Sanità ha fatto registrare oltre 84mila incidenti e infortuni, seguito dalle attività di Trasporto e magazzinaggio (poco meno di 54mila) e dal settore edile (quasi 35mila infortuni).
A livello territoriale, è il Nord-Ovest del Paese a far registrare il maggior numero di infortuni (215.474), con la Lombardia ancora una volta al vertice di questa non certo piacevole classifica (131.692). Nelle isole invece i dati registrati sono decisamente inferiori: si parla infatti di poco più di 46mila infortuni registrati tra Sardegna e Sicilia. Gli infortunati sono per lo più italiani (576.170), seguiti da cittadini extraeuropei (oltre 96mila) e poi da Europei. Gli uomini (411.251) sono arrivati quasi a doppiare le donne (286.522) per coinvolgimento in infortuni sul lavoro nel corso del 2022.
Scindendo gli infortunati in Italia per età, la fascia senior è certamente la più colpita: lavoratori compresi tra i 45 e i 59 anni sono stati vittime di 263.416 infortuni. Va decisamente meglio per i giovani (137mila infortuni nella fascia tra 15 e 29 anni).
Al netto di quanto messo in luce, sono invece diminuiti gli infortuni aventi avuto esito mortale nel 2022, passando dai 1.221 del 2021 ai 1.090 dello scorso anno. Anche in questo caso è la gestione Industria e servizi la più colpita, con 936 decessi denunciati. Il settore delle costruzioni è in questo caso il più colpito (131 morti), seguito da attività di Trasporto e magazzinaggio (117), mentre il comparto manifatturieri è stato teatro di 100 decessi in totale.
A livello territoriale, la mappatura d’Italia non cambia: nel Nord-Ovest del Paese si è infatti registrato il maggior numero di denunce di infortuni aventi avuto esito mortale (301), con un gap decisamente meno netto rispetto alle altre porzioni d’Italia (chiudono infatti la classifica le Isole con 84 decessi).
I morti sono per la maggior parte italiani, seguiti da extracomunitari e solo infine da cittadini europei. La proporzione tra lavoratrici e lavoratori è ancor più netta: sui 1.090 decessi denunciati, 970 sono di sesso maschile e 120 di sesso femminile. Quanto infine alla classe d’età, anche qui i più colpiti sono stati i lavoratori senior: 510 decessi hanno infatti riguardato lavoratori ricompresi tra i 45 e i 59 anni.
Con riferimento alle malattie professionali, anche in questo caso tra il 2021 e il 2022 si è potuto assistere ad un aumento (+9,92%), passando da 55.288 a 60.774 denunce. Le denunce hanno riguardato per lo più la gestione Industria e servizi (50.185), colpendo principalmente lavoratori italiani (56.128). A differenza di quanto messo in luce in riferimento agli infortuni, è il Centro Italia a raccogliere il maggior numero di denunce (oltre 22mila), seguito dal Sud (oltre 14mila), mentre chiude la graduatoria proprio il Nord Ovest (meno di 6mila denunce).
Le Malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo sono state le più frequenti (oltre 38mila denunce su scala nazionale), seguite da quelle del sistema nervoso (oltre 7mila).
Passando ai dati provenienti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nei primi 9 mesi del 2022 sono state effettuate 74.987 ispezioni, di cui 59.409 riguardanti vigilanza sul lavoro, 8.045 riguardanti vigilanza previdenziale e le restanti 7.533 per vigilanza assicurativa.
L’indice generale di irregolarità riscontrato corrisponde al 73,1%, vale a dire che in oltre 15mila ispezioni sono emerse irregolarità. Più nello specifico, la vigilanza assicurativa ha portato alla luce un 94,1% di irregolarità, seguita da oltre l’80% riguardante la vigilanza previdenziale. La percentuale relativa invece alla vigilanza sul lavoro non ha superato il 70%.
Il numero di lavoratori irregolari, in totale tra tutte e tre le tipologie di ispezione, è stato di 170.997.
Scendendo nel dettaglio dei vari settori produttivi, su un totale di 6.217 provvedimenti sospensivi, 3.161 hanno riguardato il terziario, 1.978 l’edilizia, 673 l’industria e i restanti 405 l’agricoltura.
Rispetto al totale, 4.097 provvedimenti (65,9%) hanno riguardato l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria, e 2.120 (34.1%) gravi violazioni in materia di salute e sicurezza. L’83% dei provvedimenti è stato comunque revocato per avvenuta regolarizzazione. Entrando ancor più nel dettaglio, le costruzioni sono state oggetto di 1.978 provvedimenti, seguite dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (1.754) nel periodo in analisi. Su 36 arresti totali, ben 25 hanno riguardato il settore agricolo, ed 8 quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli. Quanto infine ai sequestri, anche in questo caso su 93 totali, 26 hanno riguardato attività edili, 19 attività manifatturiere, 16 attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli e 15 attività agricole.
Stando ai dati resi noti da Inps a fine 2022, nel terzo trimestre 2022 l’occupazione è calata rispetto al trimestre precedente. Nello stesso periodo, il Pil è cresciuto dello 0,5% in termini congiunturali e del 2,6% in termini tendenziali. Da un rapido incrocio con i dati Istat sull’occupazione relativi a dicembre 2022, il risultato positivo del 2022 rispetto al 2021 ha riguardato solo alcune categorie di lavoratori: se infatti la variazione del numero di occupati tra dicembre 2022 e dicembre 2021 è di +334mila, di questi, il 93% ha più di 50 anni e l’89% è di sesso maschile (309mila nuovi occupati sono relativi a persone over 50 e 296mila nuovi occupati sono uomini). Divario generazionale e di genere, questo, già risultato ampio durante la pandemia, nel corso della quale erano state donne e giovani e soffrire di più di licenziamenti e perdita del lavoro. Per quanto riguarda proprio le donne, si era addirittura iniziato a parlare di “shecession“, cioè una recessione a danno esclusivo delle donne. Nei primi mesi del 2020, infatti, l’occupazione femminile era scesa del 2,34% contro il -0,58% per gli uomini. Inoltre, nei primi mesi della pandemia, la crescita del numero di inattivi si era concentrata nella fascia di lavoratori tra i 25 e i 34 anni (+6,7% rispetto a +1,8% medio nel resto della popolazione).
Tornando ai dati Inps, è emerso un rallentamento della crescita delle posizioni lavorative dipendenti: l’aumento è corrisposto infatti a 22mila posizioni lavorative, sintesi dell’aumento di quelle a tempo indeterminato (+110mila rispetto al secondo trimestre 2022) e del calo delle posizioni a tempo determinato (-88mila). Nel terzo trimestre 2022 le attivazioni di rapporti di lavoro alle dipendenze sono state 2.721.000 (-1,0% in tre mesi) e le cessazioni 2.699.000 (+2,1%).
In crescita anche le posizioni lavorative a tempo indeterminato, (+365mila rispetto al terzo trimestre 2021 e +341mila in un anno). La dinamica rimane positiva anche per le posizioni a tempo determinato (+201mila posizioni rispetto al terzo trimestre 2021 e +184 mila in un anno). Nel terzo trimestre 2022, il 31,7% delle nuove posizioni lavorative attivate a tempo determinato ha avuto una durata prevista fino a 30 giorni (l’11,4% corrispondente ad un solo giorno), il 30,1% da due a sei mesi, e meno dell’1,0% supera un anno. Il lavoro indipendente è risultato parimenti in aumento su base sia congiunturale che annua (+0,2% e +1,4%).
Le risultanze mettono in luce come i nuclei beneficiari aventi percepito almeno una mensilità di RdC/PdC nell’anno di riferimento siano diminuiti tra 2021 e 2022 (-5%), passando da 1.771.907 a 1.685.161, e coinvolgendo rispettivamente 3.956.979 individui nel 2021 e 3.662.803 nel 2022. Risulta leggermente in aumento l’importo medio mensile, passato da 546€ a 551€.
Superata l’emergenza pandemica, sembrerebbe infine essere tornato alla normalità il panorama legato al ricorso alla cassa integrazione: rispetto al 2021 infatti, nel corso del quale erano state autorizzate un totale complessivo di 1.790.681.563 ore, tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, nel 2022 ne sono state autorizzate 468.399.092. Inoltre, i primi dati legati al 2023 sembrano coerenti con quanto verificatosi nel corso dell’anno precedente: al momento, sono infatti 40.270.098 le ore complessive autorizzate.